A Martin Sellner, attivista legato al movimento identitario austriaco, potrebbe essere interdetto l’ingresso in Germania.
La Germania ha vietato per tre anni l’ingresso nel paese del politico di estrema destra austriaco Martin Sellner, leader del Movimento identitario austriaco e figura molto influente nell’ambiente dell’estrema destra tedesca e austriaca.
Sellner era stato il relatore principale a un incontro fra politici di estrema destra organizzato a novembre vicino a Berlino in cui era stato discusso un piano di espulsioni su larga scala delle persone richiedenti asilo, di immigrati con permesso di soggiorno e anche di cittadini tedeschi di origine straniera.
L’operazione era stata definita “remigrazione”. Quando l’avvenuto incontro era stato reso noto dall’organizzazione giornalistica tedesca Correctiv, a gennaio, in Germania e in Austria c’erano state manifestazioni molto partecipate contro il partito di estrema destra Alternative für Deutschland e Sellner stesso.
Ecco perché Martin Sellner non può più tornare in Germania
A Sellner è già stato proibito di entrare nel Regno Unito, e gli Stati Uniti si sono rifiutati di concedergli un documento per entrare nel paese, a causa dei suoi presunti legami con il gruppo che organizzò l’attentato nella moschea di Christchurch, in Nuova Zelanda.
Pochi giorni fa inoltre era stato fermato in Svizzera durante un evento in cui avrebbe dovuto esporre le sue idee sulla “remigrazione”, ed è stato poi espulso dal cantone svizzero dove si trovava “per assicurare la sicurezza pubblica”.
Intanto la ministra dell’Interno tedesca Nancy Faeser ha proposto un piano in 13 punti per limitare la diffusione dell’estremismo di destra in Germania, un tema di cui da mesi si sta discutendo per via dell’aumento dei consensi per Alternative für Deutschland (AfD), il principale partito di estrema destra tedesco.
AfD esiste da una decina d’anni e ha attraversato varie fasi: negli ultimi mesi sta cercando di raccontarsi come un partito più moderato rispetto alle origini, ma diversi leader e attivisti rimangono in contatto con ambienti neonazisti e illiberali.
Da tempo i servizi segreti tedeschi hanno messo sotto sorveglianza il partito per valutarne la pericolosità. A inizio gennaio la notizia che alcuni leader del partito avevano discusso di un piano con noti attivisti neonazisti per espellere richiedenti asilo e cittadini tedeschi di origine straniera aveva provocato grosse manifestazioni a favore della democrazia.
Il piano di Faeser è considerato una prima risposta a quelle manifestazioni da parte del governo, guidato da una coalizione di centrosinistra.
Il piano si intitola Rechtsextremismus entschlossen bekämpfen – Instrumente der wehrhaften Demokratie nutzen, “Contrastare con forza l’estremismo di destra – Strumenti per difendere la democrazia”. Contiene soprattutto diverse indicazioni per contrastare l’estremismo di destra a tutti i livelli, coinvolgendo sia le autorità locali, sia la magistratura, sia le forze dell’ordine.
La proposta più concreta riguarda una restrizione delle leggi sulla vendita e il possesso di armi, che in Germania sono già piuttosto rigide.
Il quotidiano Süddeutsche Zeitung spiega in sintesi che il governo vorrebbe permettere di revocare il porto d’armi ai membri delle organizzazioni sotto indagine dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, cioè i servizi segreti interni.
Il piano prevede inoltre il divieto di vendere armi semiautomatiche a privati cittadini. La stessa misura era già stata proposta da Faeser due anni fa, ma non era mai entrata in vigore per via dell’opposizione di uno dei partiti della maggioranza, i liberali dell’FDP.
Anche l’allora cancelliera Angela Merkel diversi anni fa aveva proposto un piano per contrastare l’estremismo di destra, rimasto in gran parte inapplicato: l’attuale maggioranza ritiene però che oggi esista un consenso politico più ampio, anche nel paese, sul contrasto all’estremismo di destra, proprio per via dell’aumento di consensi per AfD.
La discussione esiste da tempo, anche perché la conversazione pubblica tedesca è fortemente influenzata dal passato nazista del paese. Come ha spiegato un recente articolo di Politico, “in una società consapevole del fatto che Adolf Hitler inizialmente ha vinto alle urne, e che i nazisti hanno ottenuto la maggioranza alle elezioni federali prima di prendere il potere, un numero crescente di leader politici, in particolare a sinistra, vede la proibizione dell’AfD – una partito che vedono come una terribile minaccia per la democrazia tedesca – come un imperativo radicato nell’esperienza storica”.
Il sospetto che l’AfD possa rappresentare una concreta minaccia per la democrazia è piuttosto diffuso: da tempo i servizi segreti interni tedeschi hanno messo sotto sorveglianza il partito per valutarne la pericolosità per l’ordine costituzionale, e a novembre hanno classificato come un gruppo estremista di destra la sezione del partito nello stato federale della Sassonia-Anhalt, nel nord-est della Germania. Alcuni rappresentanti sono inoltre stati arrestati per incitamento all’odio e uso di simboli nazisti.
L’opinione pubblica, e i politici di centro e sinistra, sono però divisi sulla possibilità di bandire il partito. Di recente venticinque leader del Partito Socialdemocratico, tutti di origine straniera, hanno scritto una petizione per chiedere che l’AfD venga bandito: tra loro ci sono la vicepresidente del Bundestag (il parlamento federale tedesco) Aydan Özoguz; la responsabile del governo per l’Integrazione Reem Alabali-Radovan e il sottosegretario all’Interno Mahmut Özdemir.
Nella lettera si legge che “le ambizioni fasciste del partito dovrebbero essere esaminate dai servizi segreti e dai tribunali penali”. Il presidente dello stato settentrionale dello Schleswig-Holstein Daniel Günther ha detto in un’intervista di “avere senza dubbio una certa simpatia per un divieto di questo tipo”, perché “tutti sappiamo quanto sono pericolosi”. E la ministra dell’Interno Nancy Faeser, sempre del Partito Socialdemocratico, ha detto che personalmente “non esclude” il divieto.
In un’intervista sul tema pubblicata a inizio gennaio dalla Süddeutsche Zeitung il segretario di Stato per la Germania orientale Carsten Schneider ha sostenuto invece che sciogliere AfD sia complesso dal punto di vista legale e che «vietare un partito che non ci piace, ma che è stabilmente in testa ai sondaggi, non può che creare un riflesso di solidarietà nei suoi confronti, anche da parte di persone che non sono né elettori né sostenitori dell’AfD”.
Friedrich Merz, leader della CDU, ha invece detto che “questi dibattiti fasulli” non fanno che rafforzare l’AfD. “Davvero i Socialdemocratici credono che si possa semplicemente bandire un partito che nei sondaggi raggiunge il 30 per cento? È una spaventosa soppressione della realtà”, ha commentato.
Da un punto di vista pratico ci sono vari motivi per pensare che sarebbe particolarmente complesso, oltre che politicamente rischioso, riuscire a mettere al bando l’AfD. Ci sono dei precedenti: nel 1952 la Corte costituzionale tedesca bandì il Partito socialista del Reich, erede del partito nazista, e nel 1956 il Partito comunista tedesco.
Ma è appunto una cosa che succede molto di rado: nel 2017 la Corte costituzionale tedesca si era per esempio opposta al bando del Partito nazionaldemocratico tedesco (NPD), considerato all’epoca da molti il partito neonazista più importante emerso nel paese dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
La richiesta di bandire l’NPD all’epoca era arrivata da tutti e sedici gli stati tedeschi, che avevano allegato alla richiesta un dossier molto lungo che intendeva dimostrare l’esistenza di punti in comune tra l’ideologia dell’NPD e quella del Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler, messo fuori legge alla fine della Seconda guerra mondiale.
La Corte aveva ritenuto che il partito soddisfacesse i criteri ideologici per un divieto, ma che non fosse abbastanza influente da rappresentare un effettivo pericolo per la tenuta democratica del paese.
Oggi la situazione è molto diversa, dato che l’AfD è un partito molto popolare sia a livello nazionale che in stati come la Sassonia, la Turingia e il Brandeburgo, dove quest’anno si terranno le elezioni locali.
Attualmente l’AfD è al primo posto nei sondaggi in tutti e tre questi stati. Alcuni ritengono che chiedere alla Corte costituzionale di vietare l’AfD ora sarebbe particolarmente rischioso, soprattutto se la Corte dovesse poi rifiutarsi di farlo, perché potrebbe portare diversi elettori a simpatizzare con l’AfD per quello che sarebbe probabilmente visto come un tentativo di censura.
La deputata Alice Weidel, una delle leader dell’AfD, ha recentemente definito completamente assurde le richieste di mettere al bando il suo partito, che a suo avviso «mettono in luce l’atteggiamento antidemocratico di coloro che le avanzano: “Le ripetute richieste di divieto dimostrano che gli altri partiti hanno da tempo esaurito gli argomenti concreti contro le nostre proposte politiche”, ha aggiunto Weidel.