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Come funziona una mozione di sfiducia?

La mozione di sfiducia è l’atto attraverso il quale il Parlamento manifesta la sua sfiducia nei confronti del Governo

In Italia c’è una stretta relazione di fiducia tra il governo e il parlamento: questo sta a significare che un esecutivo, dopo essere stato nominato dal Presidente della Repubblica, deve ottenere l’approvazione delle camere prima di assumere effettivamente le sue funzioni.

Tuttavia, così come il parlamento concede la fiducia, può anche revocarla. In tal caso, il governo è obbligato a dimettersi, mediante una procedura nota come mozione di sfiducia.

L’articolo 94 della Costituzione afferma: “La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione”.

Come funziona la mozione di sfiducia e si può fare anche a singoli membri del governo?

In Italia, la Costituzione non esplicita la possibilità di sfiduciare singoli membri di un governo, ma non ne esclude neanche la possibilità.

Andreotti e Berlusconi nel 1984 – LaPresse – Museodiocesanotorino.it

 

A partire dagli anni Ottanta, questa pratica è diventata sempre più comune: il primo caso si verificò nel 1984, quando alcuni esponenti dell’opposizione chiesero le dimissioni del ministro degli esteri Giulio Andreotti per il suo presunto coinvolgimento nel caso Sindona.

Successivamente, vi fu una revisione del regolamento della Camera. A partire da quel momento, l’articolo 115 stabilisce che le mozioni di sfiducia rivolte a un singolo ministro seguano la stessa procedura di quelle rivolte all’intero governo.

Curiosamente, una disposizione così specifica non è stata prevista per il Senato. Tuttavia, la questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale. Nel 1996, la Corte si espresse in seguito al ricorso del ministro di Grazia e Giustizia del governo Dini, Filippo Mancuso, che era stato sfiduciato dagli esponenti del Senato.

La sentenza riconobbe la possibilità di mozioni di sfiducia individuali e confermò che i senatori avevano il diritto di presentarle, basandosi sul principio della parità di poteri tra le due camere.

La mozione di sfiducia individuale è uno strumento politicamente significativo, anche se, salvo alcune eccezioni, non è stato utilizzato molto spesso fino ad ora.

Secondo i dati della Camera, tra la IX e la XVIII legislatura (1983-2022), ne sono state presentate in totale 75, ma meno della metà (33) sono state effettivamente discusse e votate in aula.

Da notare il picco particolarmente elevato della XVII legislatura, in cui sono state presentate ben 26 mozioni. Questo aumento può essere attribuito all’ingresso in parlamento del Movimento 5 Stelle.

Infatti, considerando solo le mozioni discusse, 4 su 5 sono state presentate da questo gruppo, mentre la quinta ha comunque visto la firma di diversi esponenti del Movimento 5 Stelle.

Dalla sentenza 7/1996 della Corte Costituzionale si legge: Gli effetti derivanti dalla approvazione di una mozione siffatta sono esterni al Senato: in primis, l’obbligo del titolare dell’organo colpito da sfiducia di dimettersi. Qualora questo obbligo non sia rispettato, il Presidente della Repubblica può nominare il nuovo titolare dell’ufficio, con sostituzione del titolare sfiduciato”.

Nella XVIII legislatura le mozioni di sfiducia discusse sono state 7, ma hanno riguardato solamente 3 esponenti. Le prime 2, risalenti al 2019, riguardavano l’allora ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli.

In quell’occasione, sia il centrodestra che il centrosinistra presentarono atti distinti chiedendo le sue dimissioni per le posizioni riguardanti la linea ad alta velocità Torino-Lione.

Nel 2020, altre 2 mozioni, firmate da esponenti del centrodestra e alcuni del misto (tra cui Emma Bonino), riguardavano Alfonso Bonafede, all’epoca ministro della giustizia.

La contestazione verteva sulla gestione lacunosa delle carceri durante la pandemia, che portò anche alla scarcerazione di alcuni detenuti sottoposti al regime del 41-bis.

Nel 2021, si registrarono 3 mozioni di sfiducia nei confronti del ministro della salute Roberto Speranza. Anche in questo caso, la contestazione sembrava riguardare la gestione dell’emergenza da Covid-19.

Le mozioni erano firmate da esponenti del misto (tra cui molti fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle) e di Fratelli d’Italia, che all’epoca era l’unico gruppo parlamentare esplicitamente all’opposizione.

È significativo notare che finora c’è stato un solo caso di mozione approvata, avvenuto nel 1995 riguardante l’ex ministro della giustizia Filippo Mancuso, che aveva lanciato pesanti accuse nei confronti del presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

Un altro aspetto interessante è che non sempre le mozioni di sfiducia riguardano il comportamento dei ministri nel loro svolgimento delle funzioni.

Tra la XV e la XVII legislatura, molti casi riguardavano sospetti di atti illeciti o illegittimi: ad esempio, nel 2015, la ministra per le riforme Maria Elena Boschi ricevette una mozione di sfiducia dal Movimento 5 Stelle per l’approvazione del decreto “salva banche”, e nel 2017, il ministro dello sport Luca Lotti fu soggetto a mozione di sfiducia per favoreggiamento nell’ambito di un’inchiesta per corruzione relativa alla Consip.

In base ai dati analizzati, lo strumento della mozione di sfiducia può apparire poco efficace e relativamente sotto-utilizzato. Sfiduciare un ministro non è un atto da compiere con leggerezza, e il suo ricorso eccessivo potrebbe rivelarsi controproducente, rendendo meno incisivo l’operato delle opposizioni. Queste ultime preferiscono spesso chiedere le dimissioni di un ministro quando il suo operato finisce sotto accusa.

Giulia De Sanctis

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