Forse la Divina Commedia di Dante ha un lato religioso nascosto di cui nessuno era a conoscenza, e riguarda il misticismo cistercense
La Divina Commedia di Dante è talmente tanto stratificata e densa di significati che, probabilmente, non saremo mai in grado di conoscerla del tutto, ci mostrerà sempre nuove facce e sfumature.
Una novità enorme potrebbe essere emersa grazie al ritrovamento di alcuni documenti di Dante e suo figlio Jacopo da parte dei due scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti.
Parrebbe che questi documenti siano in grado di confermare le teorie di alcuni studiosi di Oxford e Cambridge che vedrebbero come protagonista il misticismo cistercense.
Si tratta di quattro pergamene ritrovate a Roma e nelle Marche che potrebbero dare l’ennesima nuova chiave di lettura del capolavoro dantesco.
Monaldi e Sorti sono rimasti strabiliati dal ritrovamento di queste pergamene e hanno dichiarato quanto potrebbero rivelarsi decisive per capire quali fossero i reali valori e ideali religiosi che Dante ha voluto veicolare all’interno del suo scritto:
“I collegamenti di Dante e del figlio Jacopo con l’ambiente di Fiastra e dei Sibillini confermerebbero la recente interpretazione della Divina Commedia fornita da due notissimi dantisti delle università di Oxford e Cambridge, Simon Gilson e Zygmunt Baranski: il poeta sarebbe stato fortemente influenzato dal misticismo tipico della religiosità cistercense, assai più che dal razionalismo di San Tommaso e Aristotele, come invece da sempre si tende a ritenere”.
“Non bisogna dimenticare che nei versi finali del Paradiso, ad accompagnare Dante davanti alla visione divina non è più Beatrice, ma il fondatore dei Cistercensi, San Bernardo di Chiaravalle. Che fondò anche il monastero di Fiastra.”
“Alcuni importanti testi medievali evocati da Dante nella Divina Commedia, come ad esempio le opere a carattere apocalittico di Gioacchino da Fiore, erano sicuramente presenti nell’abbazia di Fiastra, e quindi è verosimile che Dante le abbia consultate proprio durante la permanenza sui monti Sibillini”.
Queste nuove pergamene vanno ad aggiungersi al gran numero di documenti che attesterebbero una vicinanza piuttosto stretta tra Dante e il territorio dei monti Sibillini, nonché con la stessa Abbazia Cistercense di Fiastra.
Ma a livello ideologico, questo cosa comporta? In che modo potrebbe farci rivalutare i messaggi religiosi della Divina Commedia? Per scoprirlo, spieghiamo in poche parole in cosa consiste il misticismo cistercense.
Il misticismo cistercense si riferisce alla tradizione mistica all’interno dell’Ordine Cistercense, ovvero un ramo dell’ordine monastico cattolico fondato nel 1098 da San Roberto di Molesme.
Questa tradizione monastica e spirituale si basa sulla preghiera, la meditazione e la ricerca di Dio attraverso la contemplazione. I monaci cistercensi seguono la Regola di San Benedetto, che impone una vita di preghiera, lavoro e studio, e la ricerca costante di una connessione più intima con Dio.
Per poter raggiungere questa connessione spesso i monaci cistercensi di chiudevano in una profonda solitudine, contemplavano la natura e pregavano, conducendo una vita umile e semplice.
Uno dei principali esponenti del misticismo cistercense è San Bernardo di Chiaravalle, nonché il fondatore dell’Abbazia di Claivaux. San Bernardo scrisse anche numerose opere teologiche caratterizzate da una profonda devozione alla dottrina cristiana.
In particolare, secondo San Bernardo di Chiaravalle, Dio ha creato l’uomo donandogli il libero arbitrio, ma questo è un rischio perché può essere tentato così dalla cupiditas. L’unico modo per non perdere la via e rimanere vicini a Dio, secondo lui, è vivere in modo umile, sottomettendo la propria volontà a quella di Dio. Si realizza così la deificatio, o, per dirla come Dante (Par., I 70) il trasumanar.
L’influenza monastica all’interno della Divina Commedia non è mai stata un segreto, lo stesso viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Inferno può richiamare il percorso spirituale che ciascuno di noi è chiamato a compiere per comprendere la natura di Dio.
In più, le allegorie e i simboli che Dante utilizza a volontà all’interno della Divina Commedia richiamano la tradizione mistica cristiana, soprattutto medioevale.
Proprio come sosteneva San Bernardo di Chiaravalle, il peccato tiene lontano gli uomini da Dio, portandoli a smarrire la retta via, e questo è chiaro fin dal principio nella Divina Commedia:
Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura / ché la diritta via era smarrita.
La vicinanza di Dante al misticismo cistercense potrebbe aprire ulteriori chiavi di lettura rispetto ai simboli e alle allegorie utilizzate dal Sommo Poeta.
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