Il porto di Baltimora, in seguito al crollo del ponte, rimarrà chiuso a tempo indefinito, con problemi significativi per l’economia locale
Il crollo del ponte Francis Scott Key di Baltimora, avvenuto nella notte americana tra lunedì e martedì dopo che la nave porta container Dali aveva colpito uno dei suoi piloni, potrebbe avere conseguenze economiche importanti e di lungo periodo.
Le conseguenze del crollo riguarderanno sicuramente Baltimora stessa, una città di 600 mila abitanti dello stato del Maryland, ma potrebbero coinvolgere anche tutto il sistema dei commerci negli Stati Uniti.
Quali sono le conseguenze economiche del crollo del ponte di Baltimora?
Iniziamo con il dire che il ponte era usato da 35mila persone al giorno per attraversare il fiume Patapsco, mentre ora sarà necessario trovare soluzioni immediate sia per la viabilità cittadina che per il sistema di trasporto merci via terra.
Le autorità statunitensi hanno annunciato inoltre la chiusura completa di tutto il porto per un tempo al momento indefinito, perché sarà necessario rimuovere i resti del ponte e abbattere le parti non crollate.
La chiusura del porto è l’evento che potrebbe provocare i danni economici più estesi, anche se al momento è molto difficile quantificare la loro entità.
Il porto di Baltimora, benché sia grande e trafficato, non è uno dei più grandi degli Stati Uniti: è il diciottesimo del paese per quantità di merci trasportate ed è di vari ordini di grandezza più piccolo rispetto ai principali porti americani, come quelli di Houston e di New York.
Pur non essendo tanto grande è tuttavia un porto specializzato, che si occupava del trasporto di alcuni tipi di merci ben specifici: tra questi ci sono le automobili e veicoli da lavoro come i trattori, il carbone, lo zucchero e il gas naturale liquefatto (GNL).
Per ciascuna di queste merci è difficile stimare ancora quali saranno i danni, ma in alcuni casi si possono fare delle ipotesi: uno dei settori più colpiti sarà quello del carbone, perché in questo campo il porto di Baltimora era importante, poiché trasportava il 27% di tutto il carbone esportato dagli Stati Uniti via mare, che veniva inviato soprattutto a India, Cina e ad alcuni paesi europei.
Questo potrebbe creare problemi al mercato mondiale del carbone, anche perché è difficile spostare le spedizioni da un porto a un altro: il carbone viene spostato via rotaia e reindirizzare i treni a un altro porto potrebbe essere complicato.
Il porto di Baltimora era anche specializzato nel trasporto dei veicoli: l’anno scorso ne erano transitati in tutto 750 mila, tra automobili e veicoli da lavoro come trattori. Si occupava anche del trasporto di GNL e dello zucchero, grazie al fatto che uno dei principali impianti di raffinazione dello zucchero negli Stati Uniti si trova in città: al momento tuttavia non è chiaro quali saranno le conseguenze sul breve termine.
Anche la chiusura di un porto non tanto grande come quello di Baltimora può provocare problemi: se chiude un porto, gli altri porti vicini dovranno accogliere più navi per compensare, ma anche un aumento del 10-20% dei volumi di trasporto può generare enormi difficoltà perfino nei porti più grandi.
Pete Buttigieg, il segretario dei Trasporti degli Stati Uniti, ha detto che “non ci sono dubbi che ci sarà un impatto grosso e prolungato sulle catene di fornitura”.
Ci sono poi i danni all’economia locale: il porto di Baltimora dava lavoro direttamente a 15 mila persone, e si stima che l’indotto contribuisse almeno in parte al sostentamento di altre 140 mila persone.
Infine, il ponte collegava due parti della città abbastanza fuori dal centro e serviva soprattutto per alleggerire il traffico cittadino. Era anche la via di passaggio principale per il trasporto di merci su gomma: secondo l’Associazione degli autotrasportatori americani, il valore annuale delle merci che passava sul ponte era di 28 miliardi di dollari.
Il crollo farà sì che le automobili saranno costrette a transitare dal centro città per passare da una parte all’altra di Baltimora, mentre i mezzi pesanti o quelli con trasporti pericolosi, che non possono passare per il centro, dovranno fare lunghe deviazioni.