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Derby Club, presentato il documentario sullo storico locale di cabaret chiuso nel 1985

Tra malaffare e divertimento, una storia che segue parallalementa quella di Milano e della comicità in Italia: “C’era una volta il Derby Club”, presentato al Bif&St di Bari, andrà in onda il prossimo 19 aprile su Rai 3.

Presentato al Bif&St di Bari, il documentario di Marco Spagnoli C’era una volta il Derby Club, che andrà in onda il 19 aprile su Rai 3, racconta di una Milano che non c’è più, di anni magici, che hanno ridefinito la comicità, e creato un vero e proprio stile riconoscibile in tutta Italia. Alcuni lo hanno definito “la Scala del cabaret milanese”, altri il luogo in cui “la comicità nasce dalla tristezza”, quel che è certo è che da lì è passata un pezzo di storia del nostro Paese.

Aldo, Giovanni e Giacomo | Ansa – museodiocesanotorino.it

La storia di Milano, tra malaffare e divertimento

Il Derby ha accolto un pubblico variegato, composto da industriali, attori, intellettuali e persino criminali, creando un ambiente stimolante e dinamico. Celebrità come Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Gianni Agnelli e Lina Wertmuller sono state avvistate al Derby, insieme a personaggi quali Bettino Craxi e criminali noti come Francis Turatello e Renato Vallanzasca, quest’ultimo famoso per una fuga dalla polizia attraverso una finestra del locale. Il Derby ha giocato un ruolo importante nella vita notturna milanese, diventando un punto di riferimento per chi cercava intrattenimento di qualità. L’atmosfera unica del Derby ha reso il locale non solo un luogo di divertimento, ma anche un crocevia culturale, dove le persone si incontravano, si esprimevano e si divertivano in compagnia.

Oltre alle performance artistiche, il Derby ha anche avuto un ruolo controverso nella storia della città. La presenza di criminali e la sua associazione con il caso Tortora hanno gettato un’ombra su questo luogo. Tuttavia, ciò non ha intaccato il fascino e il richiamo del Derby per il pubblico, che continuava ad affollare il locale in cerca di momenti di svago e di spettacoli avvincenti. Nonostante la sua chiusura nel 1985, il Derby continua a vivere nel ricordo di coloro che hanno avuto la fortuna di partecipare alle sue serate memorabili. Il documentario offre uno sguardo approfondito su questo importante capitolo della storia milanese, celebrando le sue glorie passate e il suo impatto duraturo sulla cultura e sull’intrattenimento della città.

Racconta Paolo Rossi nel documentario: “Per sopravvivere dovevi adattarti al Derby. Il mio esordio fu dopo il numero di Teocoli e Boldi quando quattrocento persone, appagate, in sala si alzarono e se ne andarono via. Io dovevo comunque entrare subito dopo tanto da chiedere ai pochi rimasti di restare. Passata una cosa del genere – si chiede Rossi -, cosa vuoi ti possa succedere di peggio?”.

Anni di trasformazione

“La storia di questo locale coincide a grandi linee con quella di una città e della sua trasformazione dagli Anni di Piombo a quelli della Milano da bere. Dalla Rai a doppio canale alla televisione commerciale, dal nonsense al Drive in, da Enzo Jannacci e Giorgio Gaber ad un’eredità unica e stralunata per comici diversi, da Enrico Beruschi, Claudio Bisio a Aldo, Giovanni e Giacomo” spiega il regista Marco Spagnoli.

“Ma il Derby – sottolinea ancora Spagnoli – è stato anche qualcos’altro che raccontiamo nel nostro film: un punto di incrocio tra la società civile e la mala milanese; tra gli schiamazzi delle risate e il rumore delle pistole; tra i piatti della tradizione culinaria e la droga che in quegli anni inondava Milano e che contribuiva all’adrenalina, al divertimento sfrenato e alle notti senza fine di ‘vampiri’ più o meno inconsapevoli. C’era una volta il Derby club – conclude – è, quindi, un racconto di passione e ossessione in una città che è cambiata e che, però, al tempo stesso ricorda che quel locale è stato importante se non fondamentale per raccontare e forse perfino definire l’identità di Milano in un’epoca di transizione e di reazione ad una società italiana sotto la pressione del terrorismo e delle profonde trasformazioni imposte dal tempo che passa”.

Andrea Zoccolan

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