Putin ha criticato aspramente l’adesione della Finlandia alla Nato e, nei giorni scorsi, ha detto che schiererà delle truppe lungo il confine
La Russia “prepara una guerra contro la Nato” ed è perfettamente in grado di schierare truppe alla frontiera con la Finlandia: Helsinki denuncia che una guerra ibrida è già in corso, con gli immigrati come arma inconsapevole.
I centri di ricerca di Mosca lamentano che i finlandesi non siano più i mansueti lattai con cui si è pragmaticamente convissuto nel dopoguerra e che l’effetto del vaccino sovietico sia finito. Nel Paese più nordico dell’UE cresce il sentimento anti-russo e si costruiscono muri difensivi che tengono fuori anche chi fugge da Vladimir Putin.
Dai commenti degli esperti e dalla realtà dei fatti emerge che un’escalation a nord est è molto probabile, se non già in atto: una delle conferme di come la situazione creata da Vladimir Putin con l’invasione dell’Ucraina abbia disintegrato i rapporti fra gli Stati.
Anche quei rapporti a lungo ispirati dal rispetto reciproco e dal comune interesse alla pace e alla collaborazione economica. Le relazioni internazionali sono cadute a livello di rissa e si sa bene chi ha cominciato tutto, ma è sempre più difficoltoso identificare risposte adeguate a fermarla e non fomentarla.
“Nonostante le molte debolezze del suo apparato militare, Mosca si sta preparando per un conflitto diretto contro la Nato” ha affermato l’analista militare russo Pavel Luzin a Fanpage.it, ma come è possibile che Putin possa portare truppe sul confine finlandese se ben oltre il 90% delle sue forze di terra in grado di combattere è schierato contro l’esercito ucraino? “Dispiegherà personale del Distretto militare centrale e di quello orientale”, spiega l’esperto. “Per la maggior parte, si tratterà di coscritti, non di volontari ben pagati e preparati”.
La militarizzazione dei 1340 km della frontiera in risposta all’entrata della Finlandia nella NATO è statao prospettata dal presidente russo in un’intervista ai media di Stato, anche se alcuni osservatori hanno subito espresso dubbi sulla concretezza delle sue affermazioni.
Non solo per l’impegno militare sui fronti ucraini, ma anche perché alle frontiere con Estonia, Lettonia e Lituania — Paesi Nato da vent’anni — le difese russe sono sempre state tutt’altro che possenti.
Come dimostrò, per esempio, il micidiale attacco di droni ucraini subìto dalla base militare russa presso l’aeroporto di Pskov, ad appena 30 chilometri dall’Estonia, ma evidentemente carente di sistemi antiaerei in grado di controbattere l’azione nemica. Tanto da mettere in dubbio che a Mosca, al di là di ogni narrativa propagandistica, si consideri seriamente l’eventualità di un attacco NATO alla Russia.
Invece la Finlandia, anche per ragioni storiche, di motivi per preoccuparsi ne ha davvero perché, insieme alla Svezia, chiese di entrare nell’Alleanza subito dopo l’invasione dell’Ucraina e ne fa ufficialmente parte dall’aprile 2023. “Il vaccino sovietico non funziona più per i finlandesi” ci dice da Mosca il direttore dei programmi del centro di ricerca del Cremlino Valdai Club Timofey Bordachev, rimandandoci a un articolo che ha scritto per il quotidiano online Vzglyad, indirettamente controllato dall’amministrazione presidenziale russa.
Il “vaccino” in questione è la vittoria sovietica nella “Guerra di continuazione” che seguì, dal 1941 al 1944, la “Guerra d’inverno” del 1939-40, in cui i finlandesi resistettero eroicamente all’invasione russa ma finirono per dover cedere territori a Mosca.
Nella Guerra di continuazione, poi, i finlandesi si trovaron in pratica a fianco della Germania nazista nelle operazioni contro l’Urss, fino ad abbandonare il campo dell’Asse e chiedere un armistizio, seguito poi dalla neutralità della Finlandia durante la Guerra Fredda e da buoni rapporti diplomatici tra Helsinki e Mosca.
“Sembravano solo dei mansueti lattai, in grado di continuare a dimostrare un esempio di prudenza in politica estera”, nota Bordachev stigmatizzando “le molte decisioni e azioni ostili del governo finlandese nei confronti della Russia nell’ultimo anno e mezzo”, senza menzionare l’invasione dell’Ucraina come motivo delle preoccupazioni difensive di Helsinki.
L’adviser di Putin elenca tra le “decisioni e azioni ostili” l’entrata nella Nato, la costruzione di una rete metallica al confine e la chiusura dei valichi di frontiera. Distingue fra la “civiltà” russa e la “relativa arretratezza” della Finlandia, che paragona ad “altri piccoli Paesi dell’Europa orientale”.
Denuncia il presunto ritorno a Helsinki di “un’ideologia nazionalista di destra molto simile a quella che la Russia sta liquidando in Ucraina nell’ambito della denazificazione”.
Conclude che l’esperienza dell’interazione russo-finlandese, soprattutto quella del 1945, “dovrebbe convincere i finlandesi che è meglio vivere in pace con la Russia”.
Sempre secondo Bordachev, l’entrata della Finlandia nella NATO comporta per Mosca “alcune preoccupazioni riguardo alla situazione militare nella direzione nordoccidentale“, in particolare nell’area di San Pietroburgo, ma il maggior cruccio è quello di “non essere in grado di influenzare il comportamento di uno Stato vicino”.
La narrativa del regime sostiene con accordi ben intonati e consonanti l’assolo anti-finlandese di Putin che, sottolinea Timofei Bordachev, “sa sempre dare una corretta valutazione delle circostanze strategiche”.
I toni della Russia sono quelli di chi si sente superiore ai suoi interlocutori e intende far valere la propria superiorità., anche con minacce non velate e con riferimenti precisi alle invasioni del passato e a quelle in atto.
“La guerra in Ucraina è stata un campanello di allarme. Il potenziamento della nostra difesa e il rafforzamento dei confini sono pilastri fondamentali” ha affermato il premier finlandese Petteri Orpo. Helsinki ritiene che la Russia stia già sferrando un attacco ibrido alla frontiera orientale della Finlandia usando come arma l’immigrazione.
“Portano i migranti presso la frontiera con i camion, danno loro delle biciclette e li fanno pedalare verso la Finlandia, chiudendo la strada dietro di loro”, racconta a Fanpage.it Jussi Laine, docente in Studi multidisciplinari sulle frontiere presso l’istituto della Carelia dell’Università della Finlandia orientale.
“Abbiamo visto personalmente e verificato queste operazioni, Riguardano soprattutto persone che arrivano dall’Africa settentrionale e dal Medio Oriente, in buona parte richiedenti asilo”. I numeri per ora sono bassi “ma il governo teme un potenziale forte aumento”.
Fatto sta che la Finlandia, dopo aver costruito una rete di protezione nella taiga, tra i boschi e i piccoli laghi che caratterizzano la geografia del lungo confine, ha chiuso i valichi di frontiera e sta per varare leggi che impediranno la concessione di asilo a chiunque lo richieda, che ne abbia diritto o meno.
“Le preoccupazioni del governo e il desiderio di difendere i confini sono comprensibili, ma mi pare che si stiano prendendo provvedimenti populisti, sull’onda delle emozioni, paure sempre più diffuse tra la popolazione” afferma Laine.
“E si tratta di provvedimenti facili da prendere ma poco efficaci. Se si realizzasse l’incubo di vedere i carri armati russi attraversare la nostra frontiera come 85 anni fa, non sarebbero certo reti metalliche e divieti a difenderci. E se il timore è limitato alla guerra ibrida a colpi di immigrati, allora è necessaria una gestione efficiente della frontiere, piuttosto che una chiusura. Che rischia di essere solo controproducente” conclude.
Il governo russo sta cercando di dare a cittadini “un senso di sicurezza piuttosto fuorviante”: a costo di fare leggi d’emergenza ed eccezioni giuridiche che potrebbero diventare la norma allontanando dai propri principi costituzionali e dagli impegni internazionali presi in materia di asilo politico e altro.
“Si sta cedendo alle emozioni e alla ricerca di consenso e si rischia di dimenticare chi si è”. Le guerre provocano anche questo, nei paesi che temono un coinvolgimento e devono approntare le loro difese.
In realtà, anche prima dell’entrata ufficiale nella Nato e dei provvedimenti recentemente presi o in corso di definizione, la Finlandia aveva reso estremamente complicato passare il confine. Per i russi era già impossibile. “Capisco che ce l’abbiano con noi, che temano un’invasione e che la colpa di tutto alla fine sia di Putin, che ha invaso l’Ucraina”, dice a Fanpage.it Irina, di cui per ovvi motivi non diremo il vero nome.
“Ma facendo come stanno facendo impediscono anche ai dissidenti russi di scappare e chiedere asilo. Mi pare assurdo, e davvero poco produttivo”. Irina ha 75 anni, qualche mese fa si è messa su un autobus della compagnia estone Lux Express per andare da San Pietroburgo all’aeroporto di Helsinki. Avrebbe dovuto proseguire in aereo per il Paese Ue dove suo figlio, che ha lasciato la Russia dopo problemi giudiziari dovuti alle sue posizioni pacifiste sull’Ucraina, si è rifugiato.
Alla frontiera di Vaalimaa è stata respinta. Spiegazioni solo in finlandese. Che — ha scoperto Irina quando ha potuto tradurle — definiscono l’anziana signora russa, madre di un dissidente, “un pericolo per l’ordine internazionale”.
La Russia esisterà anche dopo Putin e l’Occidente dovrebbe avere tutto l’interesse a sviluppare buoni rapporti con l’Altra Russia che si oppone a Putin o, in ogni caso, a non farsi malvolere anche da loro, oltre che dai russi che sostengono lo zar.
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